sabato 1 luglio 2017

Di Cecca: "HaBaWaBa, sogno a occhi aperti"


“Le mie impressioni sull’HaBaWaBa? Sto cercando di farmi un’idea precisa guardando più partite possibile, ma ti dico che il primo impatto è fortemente emozionale: camminando nel villaggio respiri un’atmosfera carica di felicità, incroci tecnici e bambini che si preparano alla partita con una gioia e una passione che ti lascia il segno”. Sono queste le prime parole di Mino Di Cecca, selezionatore della nazionale italiana Under 17, in questi giorni gradito ospite dell’HaBaWaBa International Festival, evento record organizzato dalla Waterpolo Development a Lignano Sabbiadoro che coinvolge 132 squadre, 1.600 pallanuotisti tra i 6 e gli 11 anni e, complessivamente, oltre 3.600 persone.
Yiannis Giannouris, direttore del torneo, e Mino Di Cecca
Yiannis Giannouris, direttore del torneo, e Mino Di Cecca
Emotività, ovvero sogni: “La prima cosa che mi sono chiesto è cosa provano questi bambini a giocare per una volta con avversari provenienti da tutto il mondo davanti a tribune piene di tifosi festanti, magari anche polemici. È una situazione che potrebbe non ripetersi più nella vita di molti di loro, e anche per questo resterà indimenticabile nei loro ricordi di infanzia, proprio come un bellissimo sogno. Nella mia esperienza di allenatore ho vissuto tre situazioni del genere: le prime due di una finale europea e di una mondiale, la terza è questa”.
Andiamo oltre l’impatto emotivo e parliamo di aspetti tecnici e di risposte qualitative: “Mi ha sorpreso registrare che anche a questa età si riconoscono le scuole di provenienza: ho individuato quella ungherese, quella degli americani, la nostra, in cui prevale difesa e contropiede, tanto per fare qualche esempio. Istintivamente mi è venuta la curiosità di poter mettere le mani su una statistica che mi permetta di vedere quanti di questi ragazzi riescano poi ad approdare alla categoria Under 17 Nazionale, per capire quanto, in termini qualitativi, il movimento HaBaWaBa abbia influito su questi mini-atleti”.
HaBaWaBa come sinonimo di quantità, oltre che di qualità: “Senza HaBaBaWa non so proprio dove saremmo oggi. Io penso che questo Festival sia un’invenzione straordinaria, non solamente per la pallanuoto, ma per lo sport in generale. Regalando a questi ragazzini un’esperienza così bella li legherà indissolubilmente al nostro sport, a non smettere, ad amarlo, a suggerirne la pratica agli amici, fino ad instradare i loro figli, un domani. Di conseguenza vedo nella continuità del Festival una grande opportunità per l’incremento del numero di praticanti”.
Tornando all’emotività, ovvero alla magia del festival: “Da insegnante non esiterei, se potessi, a portare i miei studenti in gita qui durante lo svolgimento del Festival: qui si materializza una magia che esiste solo nel villaggio delle Olimpiadi, dove contesti, lingue e abitudini diverse si fondono e arricchiscono ogni singolo partecipante di un valore che va ben oltre la vittoria. Non è solo pallanuoto, che si limita ad una piccola parte della durata del festival: sono le interazioni che questi bambini possono attivare a fare la grande differenza”.
Uno dei momenti dell'HaBaWaBa International Festival
Uno dei momenti dell’HaBaWaBa International Festival
A proposito del contesto: “Mi piace l’idea dei workshopquello relativo all’utilizzo dei LEGO® per sviluppare le capacità di ascolto e collaborazione è semplicemente un’idea grandiosa e ben realizzata. Sono impulsi che preparano davvero i bambini a diventare grandi e approcciare il mondo del lavoro, ad esempio, con profitto. Se posso dare un suggerimento alla WPD, direi di aggiungere più workshop nello stesso Festival. E poi, è bello sapere che si possa andare in spiaggia, che ci si possa svagare come in una vacanza”.
Fair-play, tra arbitri, genitori e tecnici: “Se fosse possibile rafforzerei ulteriormente l’indirizzo di fair-play, affinché i ragazzini di questa età conoscano sempre di più culture diverse dalla loro, rispettino gli avversari e l’arbitro. Questa è la via corretta per prepararsi meglio, nella vita e nello sport, imparando a gestire situazioni difficili, come il fischio arbitrale ritenuto penalizzante ma a cui l’atleta deve adeguarsi rapidamente per raggiungere il risultato prefissato. I ragazzi in acqua, e questo vale per tutte le categorie, sono molto influenzati negativamente dal nervosismo del loro tecnico. Gli ostacoli però non sono solo sul rettangolo di gioco. Ieri ho visto un amico che sul bordo vasca dava suggerimenti al figlio: gli ho chiesto di non farlo per impedire al figlio di perdere il riferimento dell’allenatore e per evitare di delegittimarsi a sua volta. Delegare è meglio che interferire, soprattutto quando a questa età il concetto di fair-play viene ritenuto di primaria importanza”.

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