Club in crisi, giocatori in fuga (anche a stagione in corso), ma un continuo ricambio di talenti nelle principali squadre del paese. Questa la situazione della pallanuoto in Serbia, terra in cui la waterpolo è uno sport di culto e dove, nonostante la fuga di campioni all’estero, le piscine restano sempre piene. Ne abbiamo parlato con Strahinja Rasovic (nella foto in alto), probabilmente il prossimo talento a spiccare il volo dal campionato serbo: la Stella Rossa, squadra con la quale ha vinto la Champions League del 2013 e per cui ha segnato quasi 60 gol quest’anno tra Regional Liga e playoff di campionato, è in crisi e sarà costretta a cedere i suoi giocatori migliori.
Strahinja, avete chiuso la stagione al terzo posto, eliminati in semifinale dal Partizan, poi diventato campione. Come giudichi il risultato?
Questa è stata una stagione diversa dalle precedenti, quando avevamo una grande squadra. Abbiamo schierato un gruppo molto giovane e in Regional Liga (dove la Stella Rossa ha mancato la qualificazione alla Final 4, ndr) tutto sommato abbiamo giocato bene, avendo affrontato avversari molto duri. Certo sono un po’ triste se penso che abbiamo vinto 6 trofei nei due anni precedenti.
C’è amarezza per la semifinale con il Partizan?
Sono stati fortunati in gara 3, vincendo ai rigori. Sapevamo che quella contro di loro sarebbe stata una finale anticipata, visto che il Radnicki aveva perso diversi giocatori (durante la stagione Trajkovic, Marko Cuk e Dedovic hanno lasciato il club di Kragujevac, ndr). Noi e il Partizan siamo due squadre simili, non penso che siano più forti di noi.
Il tuo continuo confronto con Dusan Mandic, mancino e capitano del Partizan, ha acceso i derby di Belgrado.
È stata una bella battaglia, anche perché ci conosciamo bene. Ci affrontiamo di continuo e spesso a Belgrado le nostre squadre si allenano insieme. Siamo amici.
Pensando a Partizan-Stella Rossa ci si immagina una rivalità estrema tra i giocatori.
La “guerra” è in acqua, ma noi giocatori parliamo, scherziamo e andiamo fuori insieme. Molti di noi si conoscono da sempre e fuori dall’acqua discutiamo anche di quello che può accadere in un derby. Sono partite dure, anche fisicamente, ma poi finisce tutto. È il bello della pallanuoto.
Stella Rossa e Partizan sono accomunate anche dalle difficoltà economiche delle due società.
I club nei guai sono tanti: il Radnicki, come visto, è in cattive acque, ma anche Partizan, Stella Rossa e Vojvodina hanno problemi. Noi siamo professionisti, viviamo con la pallanuoto, ma il problema non sono solo i soldi: non vediamo un progetto, cosa verrà in futuro. Nella scorsa estate la Stella Rossa ha perso 10 giocatori, siamo rimasti solo io, mio fratello Viktor, Sava Randjelovic e Denis Sefik. Ma ora i nostri contratti sono scaduti e potremmo andare via.
Hai già ricevuto qualche offerta?
Ho parlato con qualche club, ma niente di concreto. Mi piacerebbe giocare in Italia o in Ungheria, sono campionati con tante squadre molto forti e in cui si sono trovati bene amici come Andrija Prlainovic, Filip Filipovic o Marko Avramovic, che gioca nel Ferencvaros. Quello che mi piacerebbe, però, è continuare a giocare con mio fratello Viktor.
La diaspora dei talenti serbi non ha inciso sulla Nazionale di Dejan Savic che, a detta di molti, resta la squadra da battere sia nella World League che ai Mondiali di Kazan.
Attualmente, nessun giocatore della Nazionale gioca in Serbia, ad eccezione di Mandic, me e mio fratello, che siamo i più giovani. Questo non è un problema adesso, perché c’è un gruppo molto forte e unito, ma potrebbe diventarlo in futuro. I campioni di oggi, Filipovic, Prlainovic, Aleksic, Pijetlovic, hanno giocato insieme in club serbi per anni.
C’è da dire che, per tanti campioni che partono, ci sono sempre nuovi talenti che ne prendono il posto. Quali sono stati i migliori giocatori quest’anno in Serbia?
Parto dalla mia squadra, la Stella Rossa, e dico Sava Randjelovic, un bravo difensore (classe ’93, ndr). Poi, oltre a Mandic, nel Partizan hanno giocato bene il portiere Dimitri Risticevic (’92) e Nikola Jaksic, difensore del ’97 molto forte. Tra gli attaccanti Srdjan Vuksanovic del Radnicki (’92) e Dusan Vasic del Vojvodina (’93).
Per te è stata un’annata positiva, a 23 anni hai superato quota 300 gol in carriera con la Stella Rossa e il c.t. Savic ti ha convocato per le partite del girone di World League. Quante chance hai di andare alla Super Final o ai Mondiali?
Savic è il mio tecnico anche alla Stella Rossa, lui sa tutto di me, ma dovrò lottare per essere nei 13 perché c’è tanta concorrenza. La Serbia è forte, ma ho visto giocare l’Italia e mi è sembrata una grande squadra. Tra queste due formazioni, la Croazia, il Montenegro e l’Ungheria, la differenza è davvero poca e anche la Grecia e la Spagna sono in crescita.
Quanto a passione per la pallanuoto, però, è una gara a parte tra serbi e ungheresi.
Forse in Ungheria l’amore per la pallanuoto è ancora più forte, ma in Serbia la gente ama i pallanuotisti perché vinciamo tanto. E poi noi giochiamo con il cuore, lo si è visto nei playoff: tanti giocatori che erano in acqua non prendevano lo stipendio da mesi, eppure hanno dato tutto per vincere. Al pubblico tutto questo piace. I tifosi serbi sono unici: forse solo i greci dell’Olympiacos sono pazzi come i nostri.
Uno degli spettacoli più belli lo offrirono nella finale di Champions di Belgrado, nel 2013, contro lo Jug. Com’è stato giocare, segnare e vincere quella partita a soli 21 anni?
Ci ho messo due mesi per capire cosa avevamo raggiunto. Quella serata fu straordinaria, come essere in paradiso. Ecco, per il mio futuro sogno altre serate così: voglio giocare in un grande team in Europa e sperare di vincere ancora dei trofei.
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