La Carpisa Yamamay Acquachiara non ha coppe in bacheca o trofei da ricordare quando mancano pochi giorni alla finale-derby diEuro Cup contro il Posillipo. La società di Franco Porzio è al suo primo grande appuntamento internazionale, ma non per questo non ha vissuto momenti esaltanti nel corso della sua giovane storia. Tra tutti, abbiamo scelto quelli della stagione 2011-12, la prima dell’Acquachiara in A1, quando la formazione napoletana stupì la pallanuoto italiana battendo in casa autentiche corazzate come Pro Recco e Brescia, oltre che il Posillipo, nei due derby di regular season. Al timone di quella squadra c’era Maurizio Mirarchi (in alto una foto del suo periodo a Napoli), ora allenatore della Despar Messina. Con lui abbiamo ricordato quella stagione e parlato del grande appuntamento di sabato alla Scandone.
Pro Recco, Brescia, due volte il Posillipo: quell’anno con l’Acquachiara ti sei divertito.
E peccato che alla terzultima partita di regular season perdemmo con il Savona, saremmo arrivati terzi e ai playoff avremmo evitato il Posillipo, che poi ci eliminò anche perché, essendo più dietro in classifica, poté prepararsi per settimane alla partita contro di noi. Fu un anno straordinario: da matricola chiudemmo quarti la stagione regolare, stabilimmo un record di mille giorni di imbattibilità interna e in Final Four di Coppa Italia, alla Scandone, andammo vicini a eliminare la Pro Recco (i napoletani furono sconfitti 6-5, ndr).
La tua avventura con l’Acquachiara, però, era iniziata in A2.
Sì, siamo cresciuti insieme. Una volta promossi, prendemmo 2-3 innesti giusti come Scotti Galletta e Petkovic, e compimmo un bel salto in avanti. Poi l’anno dopo arrivò anche Amaurys Perez. Quello era un bel gruppo che giocava una grande pallanuoto.
I tre che hai citato, più Ferrone, sono gli unici rimasti di quel gruppo nell’Acquachiara di oggi.
Quella di ora è una squadra totalmente diversa. Con me c’erano giocatori come Roberto Brancaccio (ora secondo di De Crescenzo, ndr) o Giacomo Saviano, che avevano vissuto il passaggio in A1 insieme a me ed erano molto attaccati all’Acquachiara. Ora la squadra è un po’ diversa, ci sono giocatori che vengono da fuori, con grandi qualità, anche giovani. Petkovic, Perez e Scotti Galletta, però, sono ancora l’asse portante della squadra, la spina dorsale. Quella mentalità, quella voglia di vincere, l’hanno trasmessa anche ai nuovi. Li ho visti giocare recentemente e loro tre rimangono i punti di riferimento in acqua.
Petkovic, in particolare, si è dimostrato un giocatore di categoria superiore.
Lui è stato una grande soddisfazione, anche perché all’Acquachiara lo portai io. Cercavo un finalizzatore, un tipo di giocatore che avevo sempre cercato per le mie squadre. Alla Lazio, ad esempio, avevo Krstonosic. Parlai con Viktor Jelenic, che mi consigliò Antonio, all’epoca all’Olympiacos. Vidi alcuni filmati e capii che era un ottimo giocatore, così decidemmo di prenderlo. Qualche giorno fa l’ho chiamato e gli ho fatto i complimenti per la convocazione con la Croazia: da un paio d’anni meritava questa chiamata, credo che ora che è entrato in nazionale non ne uscirà più. Ma nell’Acquachiara ho avuto la fortuna di allenare altri grandi giocatori, come Tamas Marcz e Fabio Bencivenga: la cosa che più mi colpiva di loro era l’attaccamento all’Acquachiara, sembrava fossero cresciuti in quella società.
L’identità Acquachiara è un valore che il club di Porzio ha tenuto a sottolineare nel corso degli anni.
Quando ero a Napoli l’atmosfera attorno alla squadra era fantastica: la Scandone era sempre piena, nei playoff non c’era spazio in tribuna. Ora questo senso di appartenenza è un po’ calato, ma credo nel derby di sabato si possa assistere al ritorno in piscina di tutto il popolo dell’Acquachiara.
Che gara sarà quella di sabato?
È un derby e una finale insieme, una partita nella partita, ricca di emotività e nervosismo. Chi riuscirà a controllare i nervi porterà a casa il risultato. Non penso saranno partite bellissime, mi aspetto tanti errori proprio a causa del nervosismo. E, da tifoso, mi auguro che vinca l’Acquachiara. Penso di aver contribuito alla crescita della società: la finale appartiene un po’ anche a me.
Potrà esserci un giocatore chiave?
Come in tutte le finali, i giocatori più importanti saranno stra-marcati: parlo di Gallo e Radovic da una parte, Petkovic e Luongo dall’altra. Credo che la partita la faranno i giocatori abituati a stare un po’ più nell’ombra, starà a loro prendersi le responsabilità nei momenti clou.
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